L'origine comune degli stemmi e dei sigilli si perde nella notte dei tempi. E non è certo facile districarsi per stabilire quando, per la prima volta, furono adottati simboli, insegne, stendardi, bandiere e colori che distinguessero un popolo dall'altro, una comunità da un'altra: res ardua est vetustati veritatem dare, diceva Plinio.
La Bibbia narra, comunque, come gli Assiri scelsero per proprio segno distintivo la colomba con il ramoscello d'olivo nel becco, divenuto in tempi moderni simbolo di pace.
Insegne, stendardi e bandiere hanno sicuramente una origine militare e servivano per distinguersi dai nemici e per comandare e muovere più agevolmente le varie unità di eserciti combattenti.
I simboli e le figure usate finirono con l'essere adottati anche in tempo di pace. Infatti gli Ateniesi scelsero la civetta, i Celti la spada, i Romani l'aquila, i Cartaginesi la testa di cavallo, i Franchi il leone e così via.
In tempi recenti, con il diffondersi di tali usi gli stemmi furono adottati da unità navali e da corpi militari, come elementi di identità e come simbolo di una continuità che desse significato ad una tradizione di onori e di prestigio e, quindi, l'araldica, la genealogia.
Ecco perché nel 1978, il Generale dei Carabinieri Giulio Grassini, primo direttore del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica, sorto a seguito della riforma sancita dalla legge 801/1977, pur nelle difficoltà organizzative e di improvviso impatto con una grave realtà terroristica diffusa nel Paese, pensò di creare il primo stemma del Servizio che accompagnasse lo spirito di corpo che si doveva rapidamente diffondere tra gli appartenenti al nuovo organismo.
Nel suo primo messaggio al personale dipendente, datato 22 maggio 1978, egli scrisse: "nel momento in cui inizia la sua attività il Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica - composto da personale proveniente dall'Arma dei Carabinieri, da altre Armi dell'Esercito, dal Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, dal Corpo della Guardia di Finanza e da varie Amministrazioni civili - esprimo l'auspicio che tutti gli appartenenti al Servizio vorranno richiamarsi, nel quotidiano lavoro, allo spirito di corpo che animò il Reparto Speciale antiterrorismo dell'Alto Adige (già retto dall'ufficiale negli anni '60) ed ispirarsi all'esempio dei suoi Eroici Caduti, per perseguire, con fedeltà ed onore, il nobile scopo della difesa delle Istituzioni Democratiche, affidato al SISDe dal Parlamento della Repubblica".
Lo stemma che fu coniato rappresentava una salamandra che divorava uno scorpione, simbolo del cancro terroristico che si era infiltrato nella società italiana. Esso non recava la sigla del Servizio né altre iscrizioni.
Il simbolo della salamandra fu scelto perché quest'anfibio, secondo una antica superstizione, poteva vivere nel fuoco ed era capace addirittura di spegnere le fiamme al suo passaggio.
Esso era raffigurato nel blasone di Francesco I tra le fiamme con il motto nutrio et exstinguo, ma chi scrive, tra i più anziani del Servizio, sa bene che la scelta fu determinata da un momento di popolarità in Italia, proprio in quegli anni, del romanzo di Morris West, intitolato appunto La Salamandra, sviluppato su una trama di altissima suspence ambientata in Italia con il coinvolgimento dei Servizi Segreti, per opera di personaggi fantapolitici, dominati da un imprevedibile e beffardo deus-ex-machina soprannominato appunto Salamandra, chiave e simbolo dell'intera vicenda.
Detto stemma, comunque, ebbe vita breve perché qualche anno dopo, allorché si rese necessario riprodurlo per donarlo a personalità ed a rappresentanti dei Servizi Stranieri, il Prefetto Emanuele De Francesco, subentrato alla Direzione del Servizio nel 1981, decise di adottare un nuovo simbolo.
Alcuni ufficiali dell'Arma del suo staff, da lui incaricati, ne studiarono una diversa realizzazione.
Ci fu chi propose l'immagine di una colomba o di un piccione viaggiatore, ricordando soprattutto la funzione di questi volatili, che, opportunamente addestrati, portavano incapsulati in una zampa messaggi segreti dalle retrovie dell'esercito nemico a stazioni di ricezione prestabilite; chi, invece, suggerì la figura di altri animali; ma il Prefetto De Francesco fu irremovibile nella scelta di un falcone; voleva il riferimento al robusto rapace. Questo predatore, infatti, è strutturato con membra assai forti anche se, talvolta, sproporzionatamente lunghe; testa grande e rotonda con collo solitamente corto e massiccio; ma soprattutto con zampe di grande potenza e forti artigli che insieme al becco rappresentano vere armi micidiali.
La scelta fu determinata anche per la particolare acutezza dei sensi: vista perfetta, udito eccellente, rapidità prensile, odorato e gusto sviluppatissimi; nonché per la sua natura intelligente e sveglia, l'alto grado di coraggio, di avvedutezza e la piena coscienza della propria forza.
In definitiva, il SISDe veniva rappresentato da un animale eccezionale, presente in tutto il mondo e capace di inseguire con pervicacia la propria preda su qualsiasi terreno, in aria o nell'acqua.
Chiare ed inequivocabili le caratteristiche cui si doveva ispirare il Servizio, in una prospettiva di grande ambizione ed in situazioni di forte impegno nella lotta al terrorismo.
Per realizzare il nuovo crest fu individuata la figura dell'animale in un momento di piena estensione alare per planare rapidamente e catturare la sua vittima; gli addetti alla realizzazione del bozzetto lo inquadrarono al centro di un ampio paesaggio con terreno accidentato e delimitato in alto dalle montagne per richiamare i confini delle Alpi e, sul lato, una antica torre semi diruta per significare la continuità nel tempo in una Italia ricca di tradizioni.
Detti scenari furono rilevati da stampe del '600 che tanto piacquero al Prefetto De Francesco ed al suo Vice, il Prefetto Vincenzo Parisi, che dette il suo contributo alla migliore e più sollecita realizzazione dello stemma, arricchito dal motto "PER ASPERA AD VERITATEM" e dalla sigla del Servizio.
La scelta sicuramente fu influenzata dal ricordo che De Francesco aveva della squadra speciale che molti anni prima, da Questore di Catania, aveva organizzato, chiamando appunto Falchi gli agenti in borghese posti alla guida di veloci motociclette ed impiegati nella lotta di contrasto al diffuso fenomeno delle rapine e degli scippi.
Il Prefetto De Francesco si propose, inoltre, di ottenere l'assegnazione al SISDe della Bandiera Nazionale e di un Santo Protettore. Individuò quest'ultimo in uno dei tre Arcangeli, S. Raffaele, sia per l'accostamento a S. Michele, patrono della Polizia, sia perché - sembra - ispiratore di attività di "intelligence". Gli impegni della lotta al terrorismo e la sopraggiunta nomina di De Francesco ad Alto Commissario per la lotta contro la mafia, a seguito del crudele assassinio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre 1982, non consentirono al predetto Direttore né al successore, Prefetto Parisi, di dare sviluppo a questo programma che, attraverso i simboli, si richiama a valori e spiritualità che danno forza e coesione ad una istituzione che possiamo definire giovane: quindici anni di vita.
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